VERGéS, Joan Busquets
Il Semplice. Un Guerrigliero Anarchico Racconta
Milano, Zero in Condotta, 2021
Una vita intera dedicata alla rivoluzione ed alla militanza, tra i momenti esaltanti della rivolta e dell’utopia che si fa esperienza concreta e gli avvenimenti tristi e drammatici della sconfitta, dell’esilio e della resistenza alla spietata repressione franchista.
La vita di Joan Bousquets Verges, che pure ancora oggi, a 92 anni, non ha smesso di lottare, è un condensato di sogni e speranze, tradimenti e disillusioni, rabbia e amore, utopia e drammatica realtà. Nel libro Il Semplice, edito da Zero in Condotta, racconta la sua vita a tutto tondo in forma autobiografica, mischiando ricordi personali ed eventi storici, volti reali e felici di compagne e compagni nonché drammi e fatiche di una generazione che, anche di fronte alla sconfitta, non ha piegato la testa e smesso di lottare.
Joan è ancora un ragazzino quando a Barcellona, la sua città natale, assiste con crescente entusiasmo al grande movimento insurrezionale che fermò il colpo di stato dei militari; è un giovane sempre più convinto delle sue idee quello che negli anni seguenti attraversa i momenti drammatici della guerra, con i bombardamenti degli aerei italiani su Barcellona, fino all’attacco alla città dell’esercito franchista.
Il 1939 è l’anno della sconfitta e della vendetta dei vincitori, che col passare del tempo, diventa repressione e persecuzione. Per sottrarsi alle rappresaglie, Bousquets attraversa i Pirenei e passa in Francia, dove trova lavoro (in condizioni ai limiti dello schiavismo) nelle miniere di carbone. La sua vita però non è solo fuga e sfruttamento: è a partire da questo periodo che la sua esistenza si intreccia con l’esperienza storica che ha rappresentato il tentativo, della CNT e della FAI in particolare ma del movimento in generale, di resistere e tentare in clandestinità di rovesciare il regime al potere. In forme e modi diversi e diversificati: tipografie segrete per giornali e volantini, scioperi preparati nell’ombra per emergere all’improvviso, azioni armate di attacco ai simboli franchisti, sabotaggi soprattutto alle centrali elettriche ed espropri alle banche e ai ricchi possidenti protetti dal potere.
Joan Bosquets incarna e impersona la scelta, umana e politica, di una generazione per cui il 1939 non ha segnato la fine della storia ma ha casomai ribadito la necessità di una lotta alimentata, almeno sino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, dalla speranza (poi rivelatasi vana) che la sconfitta di fascismo e nazismo avrebbe come naturale conseguenza prodotto la caduta anche di Franco.
Nel decennio tra il ’39 e il ’49 Bousquets si unisce dalla Francia ai gruppi di resistenza attivi soprattutto in Catalogna ed Aragona. Nel libro racconta la sua partecipazione a diverse azioni: in una di esse, purtroppo, qualcosa non funziona e viene arrestato e passerà 20 anni nelle carceri spagnole.
La mancata caduta del regime, nel mutato quadro internazionale che inaugura l’epoca della guerra fredda ed individua il regime spagnolo come un valido baluardo anticomunista, cambia anche il clima all’interno della penisola iberica. I franchisti hanno gioco facile nel definire gli anarchici come Bousquets banditi e criminali, la repressione sempre più feroce fa il resto: smorza fiducia e simpatia di gran parte della popolazione ostile al fascismo e soprattutto porta alla cattura ed all’arresto, quando non alla morte, sotto il piombo di polizia ed esercito, di centinaia di militanti e combattenti.
Il “viaggio” di Bousquts nelle diverse galere spagnole degli anni ’50 e ’60 è un’odissea amara e durissima da sopportare, fisicamente e psicologicamente. Il libro descrive il clima di questo periodo anche ripescando dalla memoria i tanti personaggi, nella maggior parte dei casi cinici e pavidi, ambiziosi e vendicativi, che affollano la sua esistenza: i direttori dei diversi istituti di pena, i secondini vigliacchi ed assassini, i preti sempre presenti e giudicanti ed anche qualche prigioniero che, seppur di nascosto e senza darlo a vedere, prova a distinguersi con piccoli gesti di gentilezza umana e solidarietà.
L’inizio della sua avventura giudiziaria è drammatico: il tribunale giudica sommariamente e per un nemico così storicamente significativo non può esserci che la condanna a morte. Solo col passare del tempo, in un alternarsi di speranza e umanissima paura, la sua pena sarà commutata in ergastolo. In galera il tempo trascorre lento tra speranze e disillusioni, discussioni spesso accese con i compagni carcerati e con chi è ancora libero, piccole provocazioni e amicizie tra detenuti. Anche i penitenziari sono tanti e diversi: in alcuni la situazione è accettabile, in altri insopportabile.
All’inizio degli anni ’50 la CNT in esilio dichiara conclusa l’esperienza della guerriglia, anche se gruppi armati saranno attivi sino alla cattura, nel 1960, di Francisco Sabatè. Se la vita in carcere è monotona e sempre uguale a sé stessa, Bousquets non si arrende e passa anni a cercare con ostinazione l’occasione per sfruttare imperizia e disorganizzazione e provare a fuggire: al progetto di evasione dedica tempo ed energie ma preparazione e attenzione non servono a nulla, il tentativo fallisce e per di più una brutta caduta lo obbliga ad un lungo periodo di ospedale e riabilitazione.
La storia e le vicende personali scorrono fino agli anni ’70 quando finalmente Franco muore ed il regime si sfalda. La lotta però continua e, come per ogni rivoluzionario, Bousquets tiene insieme il piano personale e quello generale e politico. L’uscita dalla galera non è solo gioia per la ritrovata libertà ma anche difficoltà a rimettersi in relazione col mondo e persino, non troppo paradossalmente, fatica di vivere e sprazzi di depressione; lo scontro politico chiama al confronto/scontro con i socialisti, i nuovi garanti dell’ordine capitalista ed in fretta diventati del tutto compatibili con la democrazia borghese dei paesi dell’occidente.
Bousquets però non si arrende: è in ballo il riconoscimento di chi non si è piegato di fronte alle angherie franchiste e soprattutto il rilancio dell’idea e della prospettiva anarchica e libertaria in un mondo che ritrova tanto diverso da quello da cui era stato costretto ad allontanarsi all’inizio degli anni ’40.
Il Semplice è una biografia a tutto tondo in cui si mescolano cronaca e storia, piccole vicende quotidiane e grandi eventi storici, piccoli egoismi e grandi idealità; una vita intensa che fa onore a chi l’ha vissuta e che proprio per questo valeva la pena raccontare. Un “romanzo” che a noi di Zero in Condotta è sembrato insieme un giusto omaggio ad un compagno che ha vissuto e lottato nel fuoco degli avvenimenti e un bel modo per ricordare il sacrificio, le fatiche e le sofferenze dei compagni e delle compagne che hanno animato il movimento anarchico spagnolo dopo la sconfitta della rivoluzione.
Alberto Piccitto